Definizione, insorgenza e cause della balbuzie
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S) definisce la balbuzie come:
Un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono che hanno carattere di involontarietà” (1977).
E’ dunque chiaro che il balbuziente conosce la frase da dire, non ha bisogno di suggerimenti, e i suoi inceppi non dipendono dalla sua volontà.
Non si manifesta mai alla nascita, insorge piuttosto dopo una prima fase di sviluppo del linguaggio fluida e priva di difficoltà. A volte molto precocemente (anche a 2 anni e mezzo), altre volte tardivamente (a 7 anni). Statisticamente la balbuzie colpisce circa 5 bambini su 100, nella maggior parte dei casi però scompare spontaneamente entro i primi 18 mesi. E’ dunque importante per un genitore informarsi al fine di favorire con i suoi comportamenti la scomparsa.
Il 20% dei bambini che iniziano a balbettare, per vari motivi (non del tutto chiari), vanno incontro a cronicizzazione.
Sulle cause, sopratutto in passato, c’è stata sempre molta confusione. Basti pensare che i primi rimedi erano focalizzati sulla lingua, perché si pensava fosse lì il problema, si utilizzavano rimedi meccanici, ginnastica e perfino interventi chirurgici. Nel tempo, fortunatamente, si sono fatti grandi passi avanti nella comprensione della balbuzie e sopratutto nei trattamenti. Ancora oggi però le cause esatte sono poco chiare. Tutti gli studi scientifici sono concordi nell’affermare che si tratti di un disturbo multifattoriale, un disturbo cioè in cui i fattori di insorgenza, come accade spesso, possono essere molteplici e non solo uno.
E’ confermato che il fattore genetico possa contribuire, è infatti più probabile che si manifesti il disturbo se in famiglia ci sono altri casi di balbuzie, sopratutto se un genitore. Sia chiaro, non si tratta di imitazione, bensì di predisposizione.
Il bambino che balbetta può attraversare periodi in cui la sua difficoltà quasi non si sente più, altri in cui si accentua in modo vistoso. Ma finché si è un bambino, la balbuzie esiste solo negli occhi e nelle orecchie degli altri, per il bambino quel suono inceppato non è nulla.
Arriva poi il momento in cui quel bambino si rende conto che gli altri stanno aspettando quello che vuole dire, quello che lui ha chiaro in testa, ma che fa fatica ad uscire dalla sua bocca. Succede spesso a scuola, dove se alzi la mano per parlare, il tempo per farlo non è infinito, perché quegli occhi puntati ti fanno capire che c’è qualcosa che non va.
Arriva il momento della consapevolezza, il momento in cui il bambino inizia a farsi l’idea che parlare è imbarazzante e da quel momento quello che era solo un modo di parlare, diventa un modo di pensare e di organizzare la propria vita. E’ così che la balbuzie si cronicizza e diventa un tutt’uno con la personalità.
Molti infatti subiscono le situazioni comunicative quotidiane con sofferenza e disagio, tanto da adattare la propria personalità alla balbuzie, che si appropria totalmente dei vari aspetti della persona. Questo disordine muta notevolmente, nello stesso individuo, a seconda del momento e delle situazioni.
LA BALBUZIE E’ CICLICA
A volte appare, a volte scompare, specialmente nei bambini piccoli. E’ per questo che spesso capita sentire una persona balbettare vistosamente la mattina, mentre lo stesso pomeriggio la sua parlata risulta scorrevole. Questa caratteristica della balbuzie porta anche la persona più sensibile a pensare che dipenda dalla forza di volontà, quando invece la balbuzie è involontaria.
L’alternarsi di balbuzie e scorrevolezza genera spesso confusione in genitori ed insegnanti che possono erroneamente pensare che la balbuzie sia dovuta ad una incertezza o ad una mancanza di calma nella parlata, in realtà si tratta di un disturbo più complesso. E’ per questo che anni fa ho scritto una guida per insegnanti che ha avuto una larghissima diffusione dove spiegavo, tra le altre cose, che non bisogna farsi guidare dalle apparenze ma informarsi e conoscere la balbuzie se si vuole aiutare un alunno che balbetta.
TIPI DI BALBUZIE
La balbuzie non è uguale in tutti i balbuzienti. Ci sono persone che balbettano in modo vistoso e altre in modo impercettibile, c’è chi decide di rinunciare agli studi e chi si laurea ugualmente, chi avverte uno stato d’ansa constante e chi solo nelle grandi sfide. Si potrebbe quindi fare una distinzione tra mille tipi di balbuzie e non sarebbe poi neanche tanto utile.
Una distinzione semplice è quella che si riferisce solo alla differenza nei blocchi sui suoni, senza far riferimento agli aspetti psicologici. Una tale distinzione può essere utile a riconoscere la balbuzie, qualora fosse poco evidente. Seguendo Lucchini e Massa rileviamo una:
- FORMA TONICA: caratterizzata da intoppi più o meno grossi sia all’inizio che nel corso delle frasi. Ecco che quindi il soggetto, dando poi origine a delle frasi senza senso, per evitare precisi fonemi, si mette alla ricerca di parole senza quei fonemi. Nei casi molto gravi, si manifesta con una tensione di tutto il corpo e fissità della sguardo in particolare, che sono i sintomi di una grande confusione interiore.(Dinville, 1982);
- FORMA CLONICA: evidenzia una o più ripetizioni della stessa sillaba ed è molto frequente se chi parla non lega tra loro le parole della frase.
- FORMA MISTA: si ha quando prolungamento e ripetizione si sommano e aggravano il disturbo, fino a rendere molto faticosa la comunicazione.
- FORMA PALILALICA: nella quale “il soggetto ripete spasmodicamente una sillaba che non ha alcuna attinenza con le parole che ha intenzione di pronunciare” (Lunghi e Pearson, 1995);
- esiste poi un’altra forma detta LATENTE che risulta essere “conseguente al timore di balbettare parlando”. E’ una “forma particolare asintomatica, in cui, pur non presentando segni e sintomi classici della balbuzie, si hanno solo minime alterazioni del parlato, non percepibili dagli ascoltatori, né facilmente misurabili” (Croatto et al., 1994).
QUANTO E’ DIFFUSA LA BALBUZIE?
In generale i maschi sono colpiti dalla balbuzie da due a cinque volte di più rispetto alle femmine. In particolare la forbice si allarga all’aumentare dell’età, se nell’età prescolare infatti i maschi balbuzienti sono il doppio delle femmine o poco meno, in prima elementare il rapporto diventa tre a uno, e cresce fino a cinque a uno nei bambini di quinta elementare, a causa del più alto tasso di guarigione delle femmine.
All’inizio del XXI secolo, gli studiosi credevano che la balbuzie esistesse solo nelle culture industrializzate ma gli studi condotti negli anni ’70 da Charles Van Riper dell’Università di Kalamazoo nel Michigan e da Miroselav Seeman, cattedratico di foniatria a Praga, hanno dimostrato la presenza della balbuzie in tutti i popoli del mondo e che tutte le lingue hanno un vocabolario per definirla.
In Canada, gli Stati Uniti, la maggior parte dei paesi europei e in Giappone, le persone che balbettano costituiscono circa l’1% della popolazione. Nelle Indie Occidentali, il 3-4% della popolazione balbetta. I paesi africani sembrano avere la più alta prevalenza di balbuzie con circa il 8-9% della popolazione ma non se ne conosce il motivo. Infine in Cina, non è stato mai portato avanti un progetto di ricerca serio che potesse indicarne l’incidenza, ma se fosse confermato il dato dell’1%, su una popolazione di 1,3 miliardi ci sarebbero 13 milioni di balbuzienti.
Oggi, a distanza di 3 anni, riesco a farmi interrogare bene e leggo in Chiesa!
Finalmente ho fatto pace col telefono: faccio 30 telefonate al giorno!
Oggi non mi vergogno più di parlarne con amici o conoscenti!